PEDAGOGIA

IL MAESTRO SECONDO TOMMASO D'AQUINO
Tommaso d’Aquino dedica l’intera questione della Quaesitio disputata de veritate al tema del maestro e dell’insegnamento. Tommaso analizza il rapporto maestro-discepolo. Nel de Magistro l’argomento assume dimensioni molto ampie, dai suoi fondamenti metafisici alle conseguenze didattiche, e si colloca nell’ambito dell’aristotelismo. Tommaso sostiene, che gli esseri creati posseggano una capacità causativa e che, dipendano, nel loro essere e nel loro esistere dalla volontà di Dio.
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LA POSIZIONE DI AVICENNA
Avicenna, che interpretava Aristotele attraverso uno schema neoplatonico, faceva dipendere la conoscenza da un intelletto separato e unico, nei confronti del quale il soggetto umano avrebbe un ruolo puramente passivo o di riparazione a ricevere le forme che esso gli dona. In questo caso, l’azione del maestro è esclusivamente preparatoria e accidentale.
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LA POSIZIONE DI AVERROè
Averroè, autore arabo, riteneva che non solo l’intelletto agente, ma anche quello possibile fosse unico separato e che, pertanto, la scienza e la conoscenza fossero riconducibili a un’unica intelligenza esterna agli esseri umani, fonte della loro universalità e instabilità.
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DA MAGISTRI A PROFESSORES
Nel tardo Medioevo la figura del maestro acquistò una crescente importanza, in particolare, nelle università. Il magister universitario è, uomo di mestiere, che svolge una professione, nella quale ha competenze e autorità, e che riconosce il legame necessario fra la scienza e l’insegnamento. Nel XIII e XIV secolo, il magister, grazie al diritto di insegnare ovunque, poteva legittimamente esercitare la sua professione universalmente, senza ristrettezza territoriale, era riconoscibile per caratteristiche specifiche della sua figura e del suo comportamento.
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