ANTROPOLOGIA
TRE CATEGORIE DI PRINCIPI METODOLOGICI
I principi metodici possono essere riuniti in tre categorie principali: innanzitutto, naturalmente, lo studioso deve possedere reali obiettivi scientifici e conoscere i valori e criteri della moderna etnografia; in secondo luogo, deve mettersi in condizioni buone per lavorare, cioè, soprattutto, vivere senza altri uomini bianchi, proprio in mezzo agli indigeni. Infine, deve applicare un certo numero di metodi particolari per raccogliere, elaborare e definire le proprie testimonianze. Poche parole vanno dette su queste tre pietre angolari lavoro sul campo, cominciando dalla seconda che è la più elementare. È molto piacevole avere una base nella casa di un uomo bianco per le provviste e sapere che vi è un rifugiato nei momenti in cui degli indigeni se ne ha abbastanza. Ma deve essere sufficientemente lontana da non divenire l’ambiente fisso in cui vivi e da cui emerge solo a ore stabilite per recarti al villaggio. Non dovrebbe essere nemmeno tanto vicina da correrci ogni momento per rinfrancarti.
L'INDIGENO E L'ETNOGRAFO
Poiché l’indigeno non è il compagno naturale per un uomo bianco e dopo che ci hai lavorato insieme per parecchie ore, guardando come si occupa dei suoi giardini, facendolo parlare di questioni di folkore o discutendo delle sue abitudini, bramerai naturalmente la compagnia di uomini più simile a te per interessi. Ma se tu sei solo in un villaggio e non puoi raggiungerli, andrai a fare una passeggiata di un’oretta, ritornerai ricercherai allora la compagnia di un indigeno abbastanza naturalmente, questa volta come confronto alla solitudine, proprio come ricercheresti qualunque altra compagna. E per mezzo di questo rapporto naturale imparerai a conoscerlo, e i suoi costumi e le sue credenze ti diventeranno familiari assai meglio. Viene una bella differenza fra uno sporadico tufo in mezzo alla comunità degli indigeni e essere effettivamente in contatto con loro. Per l’etnografo significa che la sua vita nel viaggio, che è dapprima una strana avventura, a volte spiacevole, a volte profondamente interessante, presto prendere un ritmo abbastanza naturale che è in piena armonia con l’ambiente circostante.


L'OBBIETTIVO FINALE: CAPIRE LA VISIONE CHE L'INDIGENO HA DEL PROPRIO MONDO
Queste tre linee di analisi conducono all’obiettivo finale, che l’etnografo non dovrà mai perdere di vista. Quest’obiettivo è, in breve, quello di afferrare il punto di vista dell’indigeno, il suo rapporto con la vita, di rendersi conto della sua visione del mondo. Dobbiamo studiare l’uomo è ciò che lo riguarda più intimamente, cioè la presa che ha su di lui la vita. In ogni cultura i valori sono lievemente diversi, la gente persegue fini diversi, segue diversi impulsi, desidera una diversa forma di felicità. In ogni cultura troviamo istituzioni diverse con cui l’uomo persegue i suoi interessi vitali, costumi diversi con cui l’uomo soddisfa le sue aspirazioni, codice di leggi e di morale diversi per ricompensare la sua virtù o punire le sue colpe. Studiare le istituzioni, i costumi e i codici o studiare Il comportamento e la mentalità senza il desiderio soggettivo di provare di cosa vive questa gente, di rendersi conto della sostanza della loro felicità, è, a mio avviso, perdere la più grande ricompensa che possiamo sperare di ottenere dallo studio dell’uomo.
I principi metodici possono essere riuniti in tre categorie principali: innanzitutto, naturalmente, lo studioso deve possedere reali obiettivi scientifici e conoscere i valori e criteri della moderna etnografia; in secondo luogo, deve mettersi in condizioni buone per lavorare, cioè, soprattutto, vivere senza altri uomini bianchi, proprio in mezzo agli indigeni. Infine, deve applicare un certo numero di metodi particolari per raccogliere, elaborare e definire le proprie testimonianze. Poche parole vanno dette su queste tre pietre angolari lavoro sul campo, cominciando dalla seconda che è la più elementare. È molto piacevole avere una base nella casa di un uomo bianco per le provviste e sapere che vi è un rifugiato nei momenti in cui degli indigeni se ne ha abbastanza. Ma deve essere sufficientemente lontana da non divenire l’ambiente fisso in cui vivi e da cui emerge solo a ore stabilite per recarti al villaggio. Non dovrebbe essere nemmeno tanto vicina da correrci ogni momento per rinfrancarti.
L'INDIGENO E L'ETNOGRAFO
Poiché l’indigeno non è il compagno naturale per un uomo bianco e dopo che ci hai lavorato insieme per parecchie ore, guardando come si occupa dei suoi giardini, facendolo parlare di questioni di folkore o discutendo delle sue abitudini, bramerai naturalmente la compagnia di uomini più simile a te per interessi. Ma se tu sei solo in un villaggio e non puoi raggiungerli, andrai a fare una passeggiata di un’oretta, ritornerai ricercherai allora la compagnia di un indigeno abbastanza naturalmente, questa volta come confronto alla solitudine, proprio come ricercheresti qualunque altra compagna. E per mezzo di questo rapporto naturale imparerai a conoscerlo, e i suoi costumi e le sue credenze ti diventeranno familiari assai meglio. Viene una bella differenza fra uno sporadico tufo in mezzo alla comunità degli indigeni e essere effettivamente in contatto con loro. Per l’etnografo significa che la sua vita nel viaggio, che è dapprima una strana avventura, a volte spiacevole, a volte profondamente interessante, presto prendere un ritmo abbastanza naturale che è in piena armonia con l’ambiente circostante.


L'OBBIETTIVO FINALE: CAPIRE LA VISIONE CHE L'INDIGENO HA DEL PROPRIO MONDO
Queste tre linee di analisi conducono all’obiettivo finale, che l’etnografo non dovrà mai perdere di vista. Quest’obiettivo è, in breve, quello di afferrare il punto di vista dell’indigeno, il suo rapporto con la vita, di rendersi conto della sua visione del mondo. Dobbiamo studiare l’uomo è ciò che lo riguarda più intimamente, cioè la presa che ha su di lui la vita. In ogni cultura i valori sono lievemente diversi, la gente persegue fini diversi, segue diversi impulsi, desidera una diversa forma di felicità. In ogni cultura troviamo istituzioni diverse con cui l’uomo persegue i suoi interessi vitali, costumi diversi con cui l’uomo soddisfa le sue aspirazioni, codice di leggi e di morale diversi per ricompensare la sua virtù o punire le sue colpe. Studiare le istituzioni, i costumi e i codici o studiare Il comportamento e la mentalità senza il desiderio soggettivo di provare di cosa vive questa gente, di rendersi conto della sostanza della loro felicità, è, a mio avviso, perdere la più grande ricompensa che possiamo sperare di ottenere dallo studio dell’uomo.
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